Gli Autori

 

Raffaele Cutolo nacque a Napoli il 25 luglio 1910, ma fu registrato all’anagrafe in data 5 agosto, per nascondere - come accadeva spesso in quell’epoca - il ritardo della dichiarazione di nascita.

La sua era una famiglia piccolo borghese che abitava in vico Masaniello 10, nei pressi di quella piazza Mercato da dove era partita proprio la rivoluzione del pescatore napoletano: un quartiere popolare a ridosso del porto, dove Cutolo, fin da piccolo, manifestò il suo interesse per lo spettacolo: a soli 12 anni organizzò con i suoi coetanei una compagnia teatrale per coronare il sogno di fare l’attore.

Fu la madre, Mariuccia Margiotta a frustrarne le sue speranze e a riportarlo con i piedi sulla terra: il padre, Carmine, era morto quando il piccolo Raffaele aveva otto anni, la madre si industriava ora a confezionare berretti, riciclando le divise smesse dei Reali Carabinieri; dunque il primogenito (c’erano anche due fratelli più piccoli: Emidio e Rosa) doveva trovare lavoro al più presto. Fu iscritto all’Istituto tecnico di arti tessili e appena preso il diploma andò a lavorare alle Manifatture cotoniere (1).

Ma al lavoro d’ufficio non rimase a lungo. A soli 15 anni un incidente con una macchina operatrice dell’azienda, dove benché fosse un impiegato e non un tecnico fu chiamato a riparare, gli fece perdere il braccio destro. La sua prima reazione, al risveglio dopo l’amputazione, fu di chiedere una penna e un foglio di carta per esercitarsi a scrivere con la mano sinistra. Provò a vergare una parola, «Roma», e continuò per tutta la vita a ripetere, quasi automaticamente, l’esercizio, anche quando ormai l’abitudine a scrivere da mancino aveva fatto diventare la sua mano fluida e la sua scrittura precisa e sicura (2).

Precocissima anche la sua iscrizione alla SIAE, che risale al 1928 - a soli 18 anni - di età e gli frutterà negli anni Settanta il riconoscimento di «socio di primo elenco», una lista di 120 qualificati sui 14 mila iscritti dell’epoca (2).

Le prime tracce della sua attività artistica, tuttavia, risalgono al 1930, quando aprì, in vico Rotto San Carlo, un’«agenzia musicale» con annessa scuola di canto, per rappresentare sulla piazza di Napoli alcune case editrici milanesi, tra cui la Suvini Zerboni e la Emi, vendendone gli spartiti della canzoni di maggior successo. Ma l’agenzia fu costretta a chiudere i battenti perché il socio insegnante di canto,  tale Arnaldo Costa, era troppo attratto dalle giovani allieve (1).

Cutolo tentò allora la via di Milano, dove condivise con lo scrittore Guglielmo Pierce l’ospitalità dell’«Albergo popolare». Al rientro a Napoli cominciò a scrivere, a 5 lire l’uno, sketch per Tina Pica e per l’amico d’infanzia Nino Taranto, che stava muovendo anche lui i primi passi nel mondo dello spettacolo (3).

Per tutti gli anni Trenta e fino alla guerra, Cutolo scrisse macchiette non solo per Taranto, ma anche per i principali artisti del momento: da Totò (è sua la canzone-macchietta Margherita, nel film L’allegro fantasma) a Renato Rascel (le prime scenette paradossali - Vladimira, Follia, L’evaso, Colomanno l’ungherese, lo scettico marrò - che l’attore approfondì successivamente anche con altri autori), da Aldo Fabrizi a Erminio Macario (L’ultimo gigolò, nel film Imputato alzatevi), ai fratelli De Rege (1).

Negli stessi anni scriveva anche canzoni per i musicisti più importanti, quelli della casa editrice «Bottega dei 4», fondata da Libero Bovio: Fantasie d’’e vase (1936) con Ernesto Tagliaferri, Maria Teresa con Nicola Valente, L’ammore s’è affacciato e Dammi la mela con Gaetano Lama. Lo sbocco naturale di questa duplice attività - scenette e canzoni - fu quello che diventò il primo teatro leggero italiano. Dopo i primi tentativi (Siamo nati per ballare e Sempre lo stesso «do», del 1938), superata la pausa bellica, nella seconda metà degli anni Quaranta, trasferitosi definitivamente a Roma, Cutolo produsse una serie di riviste di successo: Scampoli (1944, con Enzo Turco e Nino Taranto), Ma pensiamo un po’ a cantare (1945), È tornata la luce in città (1945), Com’era verde la nostra valle (1946, con Alfredo Polacci, Nino Taranto e Luigi Pisano), Ma il sole è nostro (1947), Quando spunta la luna in Italy (1948), Settimana in tram (1951).

Il successo internazionale di Dove sta Zazà colse Cutolo di sorpresa e dovette influire sul suo ritorno alla canzone. Negli anni Cinquanta ne scrisse con Cesare Andrea Bixio, Vian (Antonio Viscione), Don Caslar (Donato Casolaro) e soprattutto Mario Ruccione con il quale partecipò nel 1958 al Festival di Sanremo, presentando La canzone che piace a te.

L’anno successivo segnò la sua prima partecipazione al Festival di Napoli, con Napulione ‘e Napule (musica di Giuseppe Fanciulli). La seconda fu del 1961 con «Cunfessore» (musica di Enzo Di Paola e Sandro Taccani); la terza fu del 1968, con Meno 10, meno 5, meno 4, meno 3 (musica di Giacomo Rondinella), ispirata alla corsa allo spazio.

Con la fine degli anni Sessanta Raffaele Cutolo si è gradualmente ritirato dall’attività, vivendo con la moglie, Vittoria Parrelli, in un appartamentino del centro storico di Roma, affacciato sui tetti della Capitale, fino alla sua morte, avvenuta il 16 aprile 1985.


Il suo successo principale resta Dove sta Zazà. Cutolo offrì a Giuseppe Cioffi di musicarla su una sua idea di base: l'onomatopea delle bande di ottoni, che rallegravano le «feste in piazza» dell'epoca: esplosioni alla buona di gioia popolare, celebrazioni pubbliche della felicità  per la fine di cinque anni di dolore e di lutto portati dalla guerra. Il primo interprete fu Aldo Tarantino, ma il grande successo arrivò con l’interpretazione di Nino Taranto e Dove sta Zazà, tradotta in numerose lingue, fece il giro del mondo.

L’autore ha, tuttavia, sempre minimizzato l’importanza della sua canzone, sia ritenendo quello della musica leggera un genere «minore» rispetto alla sua produzione teatrale, sia per un atteggiamento di ritrosia di fronte al clamoroso successo internazionale, al punto di definirla - in un’intervista radiofonica con Corrado Mantoni, peraltro condotta sul filo dell’ironia - «una canzoncina cretina come tutte le altre».




Vittorio Paliotti, Mi disse Napoli, Ciesseti, Napoli 1984

Testimonianza della famiglia

Mimmo Liguoro, Dove sta Zazà? , Napoli, Tullio Pironti, 2009.


Raffaele Cutolo, in una caricatura effettuata dal pittore Rolando Geleng nel 1939.

Nel 1996, il ritratto è stato esposto a Roma in una mostra personale dell'artista,  che lo ha ottenuto in prestito dalla vedova di Cutolo, Vittoria Parrelli.  Per ringraziarla del prestito, Geleng, ha nuovamante firmato e datato l'originale,  ne ha realizzato quattro copie a colori (per i figli di Cutolo) e ha restituito alla vedova  l'originale con l'aggiunta di una sua dedica autografa.

Autobiografia.1

Un questionario compilato per la Siae

(metà anni Sessanta)


Nome d'arte  Erre Cutolo

Vero nome Raffaele Cutolo

Indirizzo Vicolo del Leonetto, 4 - Roma

Luogo di nascita Napoli

Data di nascita 5 agosto 1910

Nome dell'eventuale coniuge Vittoria

Nome degli eventuali figli (per ordine di età) Carmine, Rita, Umbertomaria, Rosario


Data del debutto professionale
Iscritto giovanissimo alla Siae dal 1928. Riconosciuto socio nel primo elenco di 120 qualificati su circa quattordicimila iscritti

Cenni sulla carriera artistica
Come autore di teatro dalla sceneggiata napoletana (primissima esperienza) alla commediola popolare. Dal repertorio esclusivo di canzoni umoristiche (versi e musica) per i massimi comici: Rascel, Taranto, Macario ecc. ai famosi dialoghi dei De Rege. Fino alle riviste o grandi spettacoli: «Scampoli» (compagnia Nino Taranto, debutto al teatro Quattro Fontane, Roma), «Com'era verde la nostra valle» (compagnia Taranto, debutto al teatro Lirico, Milano), «A Terronia si canta così» (compagnia Rascel, debutto al teatro Arena Cosmo, Roma), «Ma il sole è nostro» (compagnia Campanini, Scarano, Porelli, debutto al teatro Mercadante, Napoli), «Le strade di questa città» (compagnia Mario Carotenuto, debutto al teatro Sistina, Roma) e così via enumerando.

Titoli delle sue canzoni di maggior successo
Dalla lontanissima «Fantasia d''e vase» (grosso successo anche in America), musicata dal M.o Tagliaferri, a «Maria Teresa», con Valente, a «Dove sta Zazà» con Cioffi. E via via fino alle ultime: «Cantiamo le canzonette», «Ballava 'o roccanrollo», «La canzone che piace a te» (Festival di Sanremo), «Napulione 'e Napule» (Festival di Napoli).

Autobiografia.2

Intervista (autografa e autoironica) con Corrado

(Trasmissione radiofonica «Rosso e Nero», 1953)


L’intervista fu scritta da Raffele Cutolo e letta insieme a Corrado Mantoni, nel corso della trasmissione alla quale Cutolo collaborava con uno sketch fisso: «Le cento fatiche di Ercole e Gennarino».

Il testo, evidentemente autoironico, non è da prendere alla lettera. Le parole con cui l’autore sembra minimizzare il valore artistico di «Dove sta Zazà» e non manifestare soddisfazione per averla scritta sono pertanto da considerare funzionali all’intervista e non realmente condivise dall’autore.



Corrado - Caro Cutolo, ci vuoi dire come hai scritto la magnifica poesia di «Dove sta Zazà»?

Cutolo - Così ... Come Dante Alighieri scrisse la «Divina Commedia».

Corrado - Con ciò vuoi dire che hai scritto la divina canzone?

Cutolo - Ma qua' divina?! «Zazà» è una canzoncina cretina come tutte le altre. Niente di straordinario.

Corrado - Sarà cretina, ma ha avuto successo in tutto il mondo e devi essere contento di averla scritta.

Cutolo - Non tanto.

Corrado - Perché non sei contento?

Cutolo - Perché da quando ho scritto «Zazà» i miei figli non mi rispettano più.

Corrado - Bé, allora, se non ti dispiace, facci sapere chi l'ha lanciata.

Cutolo - Non l'ha lanciata nessuno. Venne fuori in una «Piedigrotta» del Maestro Cioffi ed il primo a cantarla fu un certo Aldo Tarantino. Gli altri l'hanno cantata in un secondo momento, quando la canzone era già popolare. L'ha cantata finanche Peppino De Filippo, che in quel periodo aveva una compagnia di riviste.

Corrado - Ma Peppino De Filippo è un attore di prosa, come ha fatto a cantarla?

Cutolo - L'ha cantata in prosa.

Corrado - Cutolo, ricordi qualche particolare di quel periodo che questa canzone era diventata una vera mania.

Cutolo - Sì, ricordo l'esasperazione di una donna anziana, in piazza della Carità, a Napoli e una ventina di ragazzi che cantavano: «Zazà, Zazà, Zazà» e correvano e zumpavano davanti ai piedi di questa povera donna , che non riusciva ad attraversare la strada, la quale, sconfitta e più esasperata di prima, si rivolse a me e disse: lo vorrei proprio conoscere a quell'imbecille che ha scritto 'sta canzone! Non ne posso più! Ed io risposi: avete ragione, signò, pecché nun m''a fido d''a sentì cchiù manch'io.

Corrado - E come ti è venuta l'idea? Te l'ha ispirata qualche donna?

Cutolo - Non ricordo. Può darsi. Comunque, tutte le donne, esclusa mia moglie.

Corrado - Perché esclusa tua moglie?

Cutolo - Perché il soggetto di «Zazà»: è un uomo che cerca disperatamente la propria donna che non riesce a trovare. Invece, io tutte le volte che vado a casa, a muglierema 'a trovo sempe, nun se ne va maie.

Corrado - Quando la scriverai un'altra «Zazà»?

Cutolo - Io spero mai più.

Corrado - Perché mai più?

Cutolo - Perché «Zazà» è venuta fuori col dopoguerra e per scrivere un'altra «Zazà» dovrebbe venire un'altra guerra e dato che a me 'a guerra nun me piace, preferisco non scrivere più «Zazà».

I quadri


Raffaele Cutolo è stato anche originalissimo autore di quadri. Qui a destra i bozzetti (disegni a matita) di due quadri: dall’alto, «L'amicizia» e «Lo spaventappasseri». Quest'ultimo fu poi trasformato (si era negli primi anni Cinquanta) ne «La dittatura», facendo spuntare dalle maniche, anzichà la scopa di saggina, la falce e il martello.
Qui sotto, un olio, «Il padre»

Nella colonna di destra

Una serie di immagini di Raffaele Cutolo

Dall’alto

una foto dal programma della rivista «Scampoli» (1944);  due immagini giovanili e, a seguire altre due fotografie di Cutolo adoloscente.  Queste ultime due immagini sono evidentemente antecedenti al 1925,  dal momento che in quell’anno lo scrittore  perse il braccio destro

in un  incidente  di lavoro alle Manifatture cotoniere.

La dedica della terza foto recita: «All'amico Pasquale Capano, cordialmente. Cutolo Raffaele»

Napoli, 3 novembre 1901 - 17 marzo 1967


È un fiume di bella musica. Basterebbe dare uno sguardo alle canzoni di successo registrate qui, in calce, per formarsi un’idea della sua formidabile attività e del suo fecondissimo estro. E si badi che i successi non sono elencati tutti, perché le sue canzoni sono centinaia.
Giuseppe Cioffi, giovanissimo, dopo aver studiato musica nel nostro Conservatorio, divenne un assiduo frequentatore - in compagnia del poeta Enzo Fusco - di «periodiche» e circoli, ove, compositore in erba, aveva occasione di presentare le sue prime canzoni. Fu in questi ambienti familiari che affilò le armi per i successi futuri, saranno essi canzoni melodiche oppure macchiette di sorprendente vitalità musicale. Pubblicò la sua prima canzone con La Partenope (1923); poi con altri editori finché non approda a quel gran porto canoro che si chiamava Casa editrice La Canzonetta. Qui collabora, in particolare, con Bonagura, Fusco, Letico, Canetti, Fiore e soprattutto con Gigi Pisano. Ma la sua attività non si limita alla sola composizione; con pari energia e competenza, il futuro autore di Scalinatella, affronta anche le fatiche e le insidie dell’organizzazione di spettacoli musicali cui prende parte, inoltre, come direttore d’orchestra. La collaborazione con Gigi Pisano, ha dato abbondanti frutti: macchiette di nuovo stile e melodie riempiono interi fascicoli de’ La Canzonetta e alimentano spettacoli di audizioni. Il binomio "Cioffi-Pisano" diventa famoso e resta sulla breccia per oltre vent’anni: in questo periodo dà vita a tutto il repertorio macchiettistico di Nino Taranto e dona al mondo una delle più belle canzoni di Napoli: Na sera ‘e maggio. Poi, Cioffi fonda una casa editrice cui dà il suo nome (Vedi), pubblica ogni anno nuove canzoni ed organizza spettacoli di Piedigrotta. Collabora con uno stuolo di poeti, fra cui Nello De Lutio (insieme hanno scritto due opere liriche che ancora attendono di essere rappresentate) ed il figliuolo Luigi. Anche come editore registra canzoni di successo, alcune delle quali partecipanti al Festival della Canzone napoletana.
SUCCESSI
In dialetto: Giacomina o Nanninella (1923), Comine si chiarnma ammore (1926), Suldato ‘e Napule (1927), Cuscritto nnammurato (1929), Abbracciato col cuscino (1931), Ciucculatina mia (193.4), Tititì- tititì-tititì... (1935), L’hai voluto te! (1936), Mazza, Pezza e Pizzo (1936), Povera santa (1936), Tre feneste (1936), Agata (1937), I due gemelli (1937), Pupazzetti (1937), Comm’a na vota (1938), Datemi Elisabetta (1938), Na sera e maggio (1938), ‘0 chiavino (1938), Pigliatillo... pigiiatillo (1939), Ciccio Formaggio (1940), M’aggia curà (1940), Olga Fornacelli (1940), Tre rose (1941), N’ora ‘e felicità (1942), Dove stà Zazà (1944), Mannaggia ‘e rrose (1944), Ncatenacore (1945), Teresin, Teresin, Teresin (1945), Tutt’ ‘e ssere (1945), Bona furtuna (1946), Fortunato (1946), Jammo, Rosì (1946), Via nova (1946), Centenare ‘e spine (1947), Fatte fa’ ‘a foto (1947), Lrac qua d’ ‘a fonte (1947), ‘E rrose parlano (1948), Fravula frà (1948), Scalinatella (1948), Carcerato (1949), Pusilleco nsentimento (1949), Bammenella d’ ‘o Mercato (1950), Martellacore (1950), ‘A rossa (1952), Lettera napulitana (1952), ‘0 rarnmariello (1952), Quatte passe pe’ Tuleto (1952), ‘A luciana (1953), Chitarrella... chitarrè (1953), Ncopp’ ‘e Garnaldule (1953), ‘0 scarpanello (1954), Sole giallo (1955) E’ arrivato Pachialone (1956) ‘0 palluncino (1958).
In lingua: Ciào! (1929), Madonna Notte (1982), Acqua santa (1934), Brava gente (1934), Ventiquattrore (1934), Città (1935), Vecchia ringhiera (1936), All’imbrunire (1937), Se il grano potesse parlare (1941).


Ettore de Mura

Enciclopedia della Canzone Napoletana

Casa Editrice IL TORCHIO, Napoli 1969

Raffaele Cutolo

Giuseppe Cioffi

La musica di «Dove sta Zazà» è stata scritta da Giuseppe Cioffi, su un’idea musicale di Raffaele Cutolo, come dimostra lo spartito del 1942, pubblicato nella pagina «la Canzone», che Cutolo aveva affidato a un altro compositore. Ciò nulla toglie alla ricchissima personalità artistica di Cioffi, di cui pubbichiamo qui sotto la biografia redatta per  l’«Enciclopedia della canzone napoletana» di Ettore De Mura.